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Sono come i semi di piante che messi nel terreno giusto possono far germogliare - a distanza di anni - un esemplare della specie da cui provengono.  Ma in realtà sono come mine inesplose: cellule dormienti, in stato di quiesciqenza ma  dotate di maggiore potenziale cancerogeno (o staminalità tumorale) e di un’aumentata resistenza alle terapie che possono risvegliarsi egenerare un tumore a distanza di anni.

A scoprire l'esistenza nei tumori del colon di una piccola popolazione di cellule in stato di “dormienza” o “quiescenza”ultraresistenti alle terapie è stato un team di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità coordinato dalla dottoressa Ann Zeuner, del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare: i  risultati della ricerca sono stati pubblicati oggi sulla rivista Journal of Experimental and Clinical Cancer Research.

I risultati dello studio - reso possibile grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro - aggiungono un importante tassello alle conoscenze sulla chemioresistenza e sulle cellule staminali tumorali, che rappresentano un bersaglio cruciale nella lotta ai tumori: "Le cellule tumorali quiescenti possono rimanere inattive a lungo e resistere a condizioni ambientali avverse per poi risvegliarsi e rigenerare un tumore a distanza di molti anni – dice Ann Zeuner, coordinatrice dello studio - Per questo è molto importante studiarle e capire i loro punti deboli, in modo da eliminarle mentre si trovano nello stato dormiente o almeno impedire loro di risvegliarsi.”

Identificare le cellule dormienti e i loro meccanismi di sopravvivenza è un passo importante per sviluppare terapie più efficaci per il tumore del colon-retto, che colpisce circa cinquantamila italiani ogni anno (un uomo su 13 e una donna su 21, dati AIRTUM) e rappresenta uno dei big killer insieme ai tumori del polmone e della mammella

Alo studio della dott.ssa Zeuner hanno contribuito le ricercatrici Federica Francescangeli, Maria Laura De Angelis e Marta Baiocchi e i collaboratori Prof. Vito D’Andrea e Filippo La Torre (Università La Sapienza) e Ruggero De Maria (Università Cattolica del Sacro Cuore).