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Studiosi italiani del CNR hanno dimostrato per la prima volta che gli astrociti, le cellule cerebrali a forma di stella finora considerate passive, possono essere eccitati con uno campo elettrico applicato da un dispositivo organico. Gli astrociti, così denominati per la loro tipica morfologia stellata, sono stati infatti a lungo considerati mero ‘collante’ che riempiva gli spazi tra neuroni, ovvero cellule non eccitabili perché non in grado di generare e propagare l’impulso bioelettrico come fanno i neuroni.

A ribaltare questa convinzione è stato uno Un lavoro pubblicato sulla rivista Advanced Healthcare Materials e coordinato da Valentina Benfenati dell’Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isof), in collaborazione con Michele Muccini e Stefano Toffanin dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismn), dimostra che anche gli astrociti, e non solo i neuroni, rispondono al campo elettrico applicato dal dispositivo organico, e che è possibile stimolare e modulare l’attività degli astrociti applicando un campo elettrico estremamente piccolo. 

Dallo studio è emerso infatti che gli astrociti comunicano tra loro tramite segnali ed onde di calcio, e che questa forma di eccitazione è fondamentale per il corretto funzionamento dell’attività neuronale, per esempio, nella memoria e nell’apprendimento. La disfunzione di questi segnali è inoltre implicata in patologie come Alzheimer, Parkinson, Ictus ed Epilessia.

Il problema nello studio degli astrociti - spiegano gli studiosi - è di tipo tecnologico, infatti nella ‘neuro’ ingegneria gli strumenti attualmente disponibili sono progettati e mirati esclusivamente per lo studio dei neuroni. Il lavoro del CNR pone le basi per una visione radicalmente nuova, puntando alla possibilità di generare tecnologie che mirino alla modificazione o al ripristino di attività cerebrali, non avendo come target i neuroni bensì le cellule non neuronali.

Il lavoro - frutto dell'integrazione di competenze multidisciplinari che vanno dalla chimica, alla scienza dei materiali, alla fisica dei dispositivi, alla biologia e all'elettrofisiologia neurologica e supportato dal Progetto europeo ‘Olimpia’, coordinato da Muccini e Benfenati e dal Progetto di ricerca ‘Astromat’, supportato dall’Air Force Office of Scientific Research, coordinato da Benfenati - apre dunque la strada all'utilizzo di tecnologie organiche, cioè basate su molecole, biocompatibili per la comprensione del funzionamento e la cura di malattie del cervello.